Il fenomeno del capro espiatorio nelle dinamiche psicologiche dei gruppi in azienda

Dobbiamo allo studio rigoroso di uno psicologo statunitense, Murray Bowen, la comprensione migliore delle dinamiche psicologiche di gruppo. Esse entrano in gioco, che lo si voglia o no, in qualsiasi équipe di lavoro, modulandone affettivamente gli aspetti  e concretamente le risultanze. È facilmente comprensibile, quindi, come – in una Azienda all’avanguardia – una competente e lungimirante gestione delle dinamiche di gruppo nel tempo possa costituire  la plusvalenza sia rispetto ai risultati da raggiungere sia rispetto ad una concorrenza sempre più agguerrita ed organizzata.

Per la precisione, Bowen parla di teorie dei sistemi famigliari, ma possiamo asserire senza ombra di dubbio che, con ovvie differenze, gli stessi meccanismi psicologici regolano la famiglia come qualsiasi altro tipo di gruppo. Così come la famiglia è da intendersi quale “unità emotiva”, allo stesso modo un gruppo di lavoro aziendale può essere inteso quale “unità emotiva” inter-agente ed inter-reagente.

I gruppi umani sono sistemi interattivi, persone in relazione e insiemi con una loro storia più o meno lunga, come le équipe lavorative; è importante padroneggiare il contesto o la cornice psicosociale in cui si sviluppano le relazioni poiché da esse, ad esempio, i messaggi verbali e non verbali traggono significato. La comunicazione umana è un fatto piuttosto complesso ed articolato ed è risaputo che, spesso, ciò che è detto non è consonante con quanto è sentito. Per esempio, come ogni criminologo preparato sa, con le parole si può mentire, con il corpo no.  La migliore e rapida decodifica dei messaggi non verbali, allora, potrebbe costituire la competenza sostanziale per chi è alle prese con l’organizzazione delle risorse umane in azienda.

Lo sforzo che il management più agguerrito deve compiere è quello che lo conduce al superamento della visione lineare/causale portata dalla scienza “classica” in favore di una visione circolare della realtà. Le dinamiche di gruppo seguono un principio di circolarità/stocastica non certo di linearità/causalità.  

Una breve scansione del “ciclo di vita” di un gruppo lavorativo in “gruppo nascente”, “gruppo in via di maturazione” e “gruppo maturo”, può tornare utile per avere una visione d’insieme di tale ciclo che aiuti a collocare la dinamica psicologica del capro espiatorio in maniera più esatta e meno astratta.

1) IL GRUPPO NASCENTE: forte competizione, forte individualismo, formazione di piccoli gruppi, scarso senso di appartenenza; premesse per il fenomeno del capro espiatorio interno ed esterno; ambivalenza affettiva sul leader, qualcuno svilupperà dipendenza, altri identificazione, altri ancora competizione.

Strategia efficace: indicativa e propositiva; indicare chiaramente le modalità e i mezzi per raggiungere gli obiettivi, le tappe passo passo e i vantaggi comuni una volta raggiunti. Usare le regole del linguaggio positivo.

2) IL GRUPPO IN VIA DI MATURAZIONE: i componenti scambiano le informazioni, nasce il desiderio di coesione, i ruoli operativi si definiscono spontaneamente secondo le competenze, il leader è riconosciuto come interno al gruppo; nei suoi confronti prevale il rapporto professionale piuttosto che quello emotivo di ambivalenza. Pericolo di regressione allo stadio precedente. La lotta per il posto di “capo in seconda”.

Strategia efficace: definire gli obiettivi e quelli di ogni singolo componente. Fare elaborare gli obiettivi al gruppo stesso in base alle mete generali. Creare integrazione, unità e autoresponsabilità tra i componenti il gruppo.

3) IL GRUPPO MATURO: strutturazione ed organizzazione spontanea delle mansioni. Accordo sulle aree operative di competenza, forte coesione, alternanza spontanea nel ruolo di co-leader secondo le competenze. Pericoli: La sindrome da appagamento. Le nicchie di potere.

Strategia efficace: stimolare il gruppo alla creatività con direttive di massima lasciando il gruppo libero di progettare le modalità di lavoro più opportune agli obiettivi fissati.

A questo punto, può esserci d’aiuto un piccolo accenno al simbolo, quale discriminante tra una realtà oggettiva ed una realtà soggettiva. Il simbolo svolge il compito di rappresentante psicologico di un altro soggetto, differendo da esso nella forma ma non nei contenuti profondi. In un gruppo di lavoro, ad esempio, il Direttore è spesso assunto simbolicamente in qualità di rappresentante psicologico genitoriale (Padre/Madre), mentre i Colleghi lo sono rispetto alla rappresentanza psicologica fraterna (Sorelle/Fratelli). Il gruppo di lavoro, dunque, è definibile quale insieme di relazioni inter-dipendenti i cui soggetti sono influenzati dai pensieri, dai sentimenti e dai comportamenti di coloro che compongono il gruppo stesso. L’équipe lavorativa è definibile, nei fatti, anche e soprattutto quale insieme di elementi coordinati tra loro e tesi a formare un complesso unico, soggetto a ben determinate leggi. È facilmente comprensibile, a questo punto, il principio della dinamica dei gruppi per cui, se si agisce anche su un solo elemento della dinamica psichica del gruppo si influenzano necessariamente anche gli altri, così come dal comportamento di un singolo elemento si può risalire alla “economia emotiva” di tutto il gruppo.

In un gruppo di lavoro, anche se le personalità dei componenti sono diverse, si tende per convenienza a ricalcare freddamente gli schemi di relazione imposti, ma è il calore dell’affettività a regolare i “veri” rapporti tra le persone; l’affettività, però, attiene alle sfere profonde dell’essere. Ad esempio: il desiderio, che spinge alla realizzazione degli obiettivi, è definibile come voglia di “possedere” ciò che si brama, mentre l’identificazione, che ha a che fare con la qualità della performance, è descrivibile quale voglia di “essere” ciò che si brama. Come componente del gruppo, quindi, per lottare ed arrivare al raggiungimento dell’obbiettivo devo prima poter desiderare fortemente la meta per sperare di riuscire, alla fine, a possederla; mentre per raggiungerla al meglio mi serve di potermi identificare in un ideale elevato che mi sostenga, col suo esempio, nel compito del raggiungimento.

Sigmund Freud era convinto che questi meccanismi psicologici fossero importanti nell’economia psichica dei gruppi sia spontanei (folla) sia organizzati (esercito, scuola, azienda); Il leader del gruppo (Generale, Preside, Manager etc.), è bene tenerlo a mente, è di norma obiettivo sia dei “desideri” sia delle “identificazioni” dei sottoposti-dipendenti.

In un gruppo di lavoro, allora, l’attacco indiscriminato e reiterato di un componente al leader può nascondere problemi psicologici con la figura genitoriale che il leader evoca in lui. Un dirigente abile non pretenderà di impostare subito con costui la relazione su di un piano logico, ma recupererà intelligentemente prima il piano emotivo-affettivo.

Didier Anzieu, un altro psicologo bravo e preparato, questa volta francese, ha posto in evidenza l’interessante correlazione tra gruppo e sogno: come nel sogno, attraverso le sue rappresentazioni, cerchiamo di soddisfare i desideri inappagati nella vita, così nel gruppo tentiamo di sciogliere le nostre tensioni trasferendovi le insoddisfazioni del vivere e magari pretendendone le soddisfazioni. Ciò non è contestabile: il gruppo esprime spesso una compensazione psicologica (es.: club, associazioni, sette segrete). Un leader di un gruppo di lavoro diventa tale magari per compensare una situazione famigliare scadente oppure un individuo può investire molto nella famiglia quando la vita lavorativa frustra le sue aspirazioni.

La “regola aurea” della gestione dei conflitti nei gruppi di lavoro è, a questo punto, più chiara: prima risolvere le tensioni emotive-affettive e poi chiarire le problematiche sul piano della logica. Chi presume di poter invertire l’ordine dei fattori di questa operazione di matematica esistenziale, si troverà presto a fare i conti con l’insuccesso.

Le tensioni emotive fluttuanti in un gruppo possono dare origine a vari fenomeni psicologici, il più interessante è quello del capro espiatorio. Cugino del mobbing, il fenomeno del capro espiatorio se ne differenzia poiché le sue dinamiche psicologiche sono pressoché sempre inconsce, mentre nel mobbing spesso si agisce una strategia cosciente, ben precisa e diretta, a danneggiare il malcapitato lavoratore. Inoltre, il gruppo non tende ad espellere il capro espiatorio, al contrario cerca di confermarlo nel suo “gioco” perché necessario alla sua coesione. Col mobbing, invece, l’intera équipe, o parti di essa, si propone il danneggiamento e/o l’espulsione del dipendente in un tempo relativamente breve, poiché vissuto come ostacolo alla realizzazione di non evidenti, ma precise, strategie.

Il capro espiatorio, dunque, svolge un ruolo determinante nell’ambito della dinamica psicologica del gruppo di lavoro. Esso è il “contenitore ecologico”, la “pattumiera emotiva” delle tensioni dell’équipe lavorativa ed è funzionale allo stesso equilibrio emotivo di essa. L’individuo che ricopre il ruolo di capro espiatorio troverà una grande difficoltà a sottrarsi alle dinamiche di conferma della sua “carica”, perché essa è vitale rispetto alla forza di coesione del gruppo. I componenti faranno di tutto per confermarlo e mantenerlo nel ruolo. In un gruppo lavorativo di recente costituzione, in genere, la nascita del fenomeno psicologico del capro espiatorio vede il dispiegarsi di tre fasi:

Nella prima fase, al presentarsi delle iniziali tensioni del gruppo, la coesione resiste fino a che non si manifestano le forme di aggressività;

 Nella seconda fase, le aggressività vengono convogliate su una sola persona che viene “incastrata” nel ruolo di capro espiatorio e che riceve ogni responsabilità; agendo così, il gruppo salva la coesione.

Nella terza fase, l’individuo incastrato nel ruolo di “capro espiatorio” ha due alternative:

a) prendere coscienza della dinamica e rifiutare il ruolo. Il gruppo lo espellerà ed entrerà in crisi senza l’elemento di coesione che lo univa;

b) accettare coscientemente od incoscientemente le regole imposte dal gruppo. Il gruppo è salvo, ma cosa dire del povero “capro espiatorio”?  Questa soluzione è patologica!

Solo uno specialista nella gestione dei conflitti dei gruppi può ristabilire l’armonia proponendo soluzioni che tengano conto dei bisogni e dei valori del sistema-gruppo aiutandosi con la competenza e la migliore applicazione degli strumenti della buona comunicazione.

Il fenomeno del capro espiatorio può concretizzarsi anche come individuo o gruppo esterno (es.: in ambito sportivo la squadra rivale) alle dinamiche psicologiche dell’équipe lavorativa. Le paranoie dei componenti del gruppo si concentrano così su di un “nemico esterno”, conferendo linfa vitale alla forza di coesione del gruppo. Nel gruppo di lavoro così impostato, il problema del singolo coincide con quello del collettivo (nella squadra non è il portiere ad essere battuto, ma tutto il team). La coalizione emotiva in questo modo difende la dignità del gruppo e del singolo.

Nei gruppi di lavoro aziendali  le dinamiche psicologiche sono le stesse, il “nemico” da battere è la concorrenza; Ad esempio: una azienda alberghiera potrebbe essere in diretta competizione con un’altra azienda alberghiera etc. Più la lotta per il successo è dura più il gruppo comunica bene e si coalizza e tende a convogliare le migliori energie di fattività e di creatività contro il capro espiatorio esterno; ma quando il capro espiatorio esterno non c’è più, aumentano nuovamente  le tensioni all’interno del gruppo di lavoro. In questa condizione o si cerca di nuovo un altro “nemico-capro espiatorio” esterno o la ricerca volge naturalmente verso un capro espiatorio interno.

Le “patologie” dei gruppi, ovviamente, non si esauriscono qui, esse sono tante e conoscerle, almeno per grandi linee, può tornare molto utile  alla migliore gestione degli insiemi-sistemi di persone, soprattutto in campo lavorativo.

Bibliografia

Anzieu Didier, Martin Jacques-Yves (1990), La dinamica dei piccoli gruppi, Borla, Roma

Bowen M. (1979), Dalla famiglia all’individuo. Astrolabio, Roma. Speltini Giuseppina (2002), Stare in gruppo, Il Mulino, Bologna