Amori d’ufficio in azienda Pt.2

Continuiamo il nostro excursus nel territorio delle relazioni d’amore nate nel posto di lavoro. Addentriamoci, però, con la consapevolezza che si tratta di un campo “minato” e, quindi, con molta cautela. Quelle che tratterò in questa seconda parte saranno le relazioni “illecite”. Sembra proprio che il posto di lavoro sia il luogo prediletto dagli amanti trasgressivi, perché? La maggiore opportunità per entrambi i sessi d’incontrarsi al lavoro (la strutturazione delle odierne carriere, la formazione effettuata a gruppi misti, frequenti viaggi spesso in compresenza dell’altro sesso) offrono maggiori spunti e tentazioni per una relazione extraconiugale.  Ma tutto ciò non è sufficiente a giustificare il passaggio all’acting out  “illecito”. Se solo fosse l’aumento delle occasioni a determinare la relazione extramatrimoniale sarebbe tutto di più facile interpretazione. Invece non è così, altrimenti non si spiegherebbero quelle relazioni “sane” che resistono nonostante il turbinio tutt’intorno dei vari momenti favorevoli. Diciamo subito che se si verifica il tradimento è perché all’interno della coppia istituzionale qualcosa non funziona al meglio. Anche di quelle coppie, delle quali non avremmo mai pensato che un giorno si sarebbero dovute confrontare con il tradimento, perché sembravano perfette, possiamo dire che forse nascondevano, ben mimetizzate, alcune incertezze sulle identità personali e una forte idealizzazione dell’altro. Queste due particolarità psichiche sono lo spioncino della crisi di coppia. Quanto più sono insicuro/a su chi sono, tanto più avrò necessità di idealizzare l’altro. Un “altro” forte e molto idealizzato, sarà una sicurezza e un punto di riferimento importantissimo per una psiche traballante e, forse, anche un po’ infantile. Sta di fatto che queste unioni si infrangono proprio sullo scoglio dell’idealizzazione. Nessun partner può superare il confronto con l’ideale e così, col passare del tempo e dopo varie delusioni, si finisce con l’accettare proprio quei compromessi che avevamo tanto biasimato durante il periodo dell’idealizzazione. La vita ci porterà, a colpi di dura quotidianità, a sposare un compagno/a, una brava persona, a cui vorremo bene, ma che non sarà “degna” del nostro investimento più passionale. La caduta della idealizzazione, spesso, ci ridimensionerà anche nelle aspettative lavorative e, dopo qualche tentativo mal riuscito, si accetterà un impiego anonimo, poco soddisfacente e per nulla creativo. La desolazione emotiva e l’abbattimento degli stimoli intellettuali e sociali che ne conseguono, però, ci renderà estremamente ricettivi rispetto al benché minimo spunto di coinvolgimento passionale. Abbiamo visto nell’articolo precedente che la passione innamoramentale, in quanto “stato nascente”, libera molta energia e una gran quantità di creatività. Quando essa prende luogo, in effetti, la vita cambia improvvisamente colore e tutto torna ad essere degno di entusiasmo e d’investimento libidico. Si è pronti a barattare anni ed anni di pesante impegno muto con il grido di un momento libero e leggero. Aspetti d’Ombra mai provati prima, si presentano e reclamano con vigore la facoltà di sovvertire una vita programmata e senza sbalzi. Si delineano orizzonti nuovi, a volte eccitanti, a volte addirittura spaventosi poiché privano delle sicurezze cui ci si era abituati.

La mia corrispondente da Phoenix, Arizona, la psicologa Roberta Palopoli, mi ha inviato alcuni dati interessanti rispetto all’argomento che stiamo trattando.

Negli USA, Studi pubblicati sull’ American Sociological Review e sul Journal of Marriage and Family mostrano che prima del 1985, la percentuale di divorzi tra donne lavoratrici e casalinghe era quasi pari. Invece, tra il 1985 e il 1992, la probabilità annuale di divorzio tra mogli lavoratrici supera quella delle casalinghe del 40%. I numeri italiani sui divorzi non sembrano più confortanti. Nella città di Roma, secondo dati del 2004 riportati dal Dipartimento per gli affari sociali del Comune, il 50% dei matrimoni ha chiuso con il divorzio dopo il primo anno.

Nel suo stimolante libro dal titolo  Not ‘Just friends’: Protect Your Relationship From Infidelity and Heal the Trauma of Betrayal,  (Non ‘Solo amici’: Proteggi la tua relazione di coppia dalla infedeltà e sana il trauma del tradimento), la psicologa statunitense Shirley Glass sostiene che le nuove infedeltà matrimoniali avvengono tra persone che involontariamente creano relazioni profonde ed appassionate prima di accorgersi che hanno oltrepassato il confine tra una amicizia platonica e una romantica storia d’amore. L’82% dei 210 coniugi che ha tenuto in cura avevano avuto una love story con qualcuno che era, inizialmente, “solo un amico/a”. Dal 1991 al 2000, nella sua pratica clinica, la dottoressa Glass annovera che il 50%  delle donne e circa il 62% degli uomini infedeli che lei ha seguito hanno tradito i rispettivi coniugi con colleghi di lavoro. Secondo la Glass, gli odierni luoghi di lavoro sembrano essere la nuova “zona di pericolo” per l’attrazione e l’opportunità passionale.

Abbiamo compreso che la scelta di un amore clandestino soddisfa la voglia di passione, di lasciarsi andare. Provare una forte emozione, un sentimento intenso, comporta un coinvolgimento totale e quindi un investimento libidico massivo su un oggetto d’amore completo. Per attuare ciò, specie se si è già seriamente impegnati, c’è bisogno di coraggio e di una buona dose di incoscienza. In genere è più “comodo” che l’oggetto d’amore sia parziale. L’amore d’ufficio soddisfa la possibilità di provare nuovamente una forte emozione, dicevo, e dal lato più prosaicamente pratico permette anche di prendere le distanze da un coinvolgimento maggiormente impegnativo, con tutte le difficoltà e le noie annesse e connesse che potrebbe comportare. Una “relazione tascabile”, tanto per adoperare un termine che mi ha colpito, usato da Zygmunt Bauman nel suo avvincente testo Amore liquido, che si sfila di tasca al mattino, subito dopo aver timbrato il cartellino, e la si rinfila quando suona l’ora di tornare a casa. Una persona da me seguita sosteneva che dal suo amante prendeva tutta la “positività” e l’eccitazione della situazione passionale e non avrebbe mai voluto che tale relazione diventasse “istituzionale”, per non correre il rischio di ripiombare nella quotidianità piatta e banale.

Nonostante la “scabrosità” della situazione, la storia d’amore clandestina è portatrice, come quella “legale”, sia di vantaggi che di svantaggi per l’azienda. Vediamo insieme quali.

I vantaggi apportati dalla coppia “illegale”.

Poiché l’amore illecito è un investimento emotivo su un oggetto d’amore parziale esso ha la caratteristica di liberare una gran quantità d’energia psichica a fronte di un impegno di coppia relativamente modesto; ne rimane molta, quindi, da investire. Se il Responsabile delle risorse umane è preparato sulla tematica, tutta questa energia potrebbe convogliarla sulle tappe da raggiungere rispetto ai progetti che l’azienda ha in corso. Anche la coppia clandestina risponde alla legge della complicità e dell’appoggio reciproco. Un momento di defaillance di uno dei due partner potrebbe essere ben compensato dall’aiuto dell’altro. Sappiamo dagli scritti di Robert Sternberg che l’amore, per girare al meglio, ha bisogno di tre importanti dimensioni: intimità, passione, impegno. Esse devono essere ben omogenee, in una quantità che non deve contare la supremazia di nessuna sulle altre. Ora, nella coppia illegale l’impegno verso l’unione è una dimensione necessariamente meno presente. Può verificarsi, però, che proprio perché impossibilitati a vivere l’impegno nella “normale” vita di coppia, i due partner lo sublimino vivendolo in azienda, a favore dell’azienda. L’organizzazione lavorativa è spesso vissuta simbolicamente come una famiglia, in sostituzione delle dinamiche famigliari. Quindi, se l’armonia dell’ “idillio” è salva, sarà salva anche la produttività, anzi potrebbe addirittura aumentare poiché l’ambiente, dove è avvenuto l’incontro, è interpretato psicologicamente come qualcosa di personale al quale la coppia  rivolge un sentimento di appartenenza. Inoltre, il timore di compiere brutte figure agli occhi del partner e perderne la stima, induce l’amante clandestino a darsi molto da fare per mantenere alti i livelli di idealizzazione dell’altro su di sé. Questo giova all’azienda.

Come si deve comportare il Responsabile nei confronti della coppia “illegale” (vantaggi).

Anche qui, massima discrezione. Nel caso in cui la coppia “clandestina” gira senza soverchia conflittualità e con grande attenzione alla dignità sia personale che dell’azienda, il Responsabile delle risorse umane non può ostacolare la vicinanza se la produttività non subisce colpi d’arresto, tanto meno se è in aumento. Capisco che la morale ci suggerirebbe che non è una situazione apprezzabile, ma qui si lambisce la sfera del privato più stretto e, comunque, non spetta al Direttore delle risorse umane prendere decisioni atte a sfavorire la relazione. A volte, specie se la lavoratrice è fresca e molto carina, il Responsabile può trovarsi egli stesso a desiderare le di lei attenzioni. In questo caso, può sorgere un conflitto, più o meno conscio, con il lavoratore  – quasi sempre più giovane – implicato nella relazione “illecita”. Spesso la morale viene chiamata in causa dal Responsabile a giustificare alcune sue – erronee – decisioni punitive verso il “competitore” maschio, ma ora sappiamo che tali decisioni potrebbero essere prese per tutt’altri motivi.

Se il Responsabile dovesse accorgersi di essere in competizione con il lavoratore “trasgressivo”, farebbe bene a consultare uno specialista, poiché il suo agire, questa volta, potrebbe apportare decremento a se stesso e all’azienda.

Gli svantaggi apportati dalla coppia “illegale”.

La coppia “illegale” può comportare molti svantaggi, per l’azienda e per gli stessi singoli componenti la coppia. Una particolarità: i rischi di danneggiamento sia psichico che lavorativo sono molto più elevati per le donne che per gli uomini.Molte donne in carriera scelgono apertamente il riferimento maschile come modello di comportamento che conferma e conduce al potere. Altre, invece, indossano una maschera di femminilità per alleviarsi l’ansia della punizione che si aspettano dagli uomini per essere competitive con loro nella rincorsa al successo. Nel mondo maschile di molte aziende, solo la mascolinità è percepita come valore, un tutto unico. La femminilità, invece, è intesa come qualcosa di frammentato, complementare che denuncia una mancanza e, spesso, è giudicata inferiore. In questi ambiti la femminilità è percepita legata all’adulazione, alla seduzione ed all’inganno. Se nei suoi rapporti con gli altri una donna non ostenta la sua femminilità non è giudicata donna. Se non lo fa, dunque, incute timore agli uomini che non riescono a catalogarla e, quindi, a “controllarla” e ne patirà, in un modo o nell’altro, le conseguenze.

Il femminile, sappiamo, per sua stessa psicologia, riesce con maggior difficoltà a separare il sentimento dal resto delle cose della vita. Il maschile, oserei dire culturalmente, almeno nel nostro Paese, riesce a vivere i sentimenti disunendoli dal resto degli impegni. Le donne, quindi, avranno più difficoltà a fermare l’ “invasione” delle dinamiche psichiche di una relazione “illecita” che la distrarranno con più facilità dal resto dell’impegno lavorativo. Sia che la liaison cominci sia che finisca, è la donna a rischiare maggiormente il licenziamento. Anche se riesce a mantenere il lavoro, la considerazione rispetto alla sua capacità lavorativa da parte dei colleghi, specie i pari grado, riceverà un duro colpo.

La doppia morale di giudizio che, nonostante la rivoluzione femminista, ancora esiste in Italia sulle relazioni illecite, specialmente in alcuni ambiti lavorativi di aziende dove le presenze e le simbologie sono ancora improntate molto al maschilismo, porta sia gli uomini che le donne a disprezzare di più la donna che ha accettato il coinvolgimento piuttosto che l’uomo. Anche se i colleghi di lavoro sono emancipati e tendono a non esprimere giudizi morali sul suo comportamento, comunque tenderanno ad esprimere una valutazione negativa circa il suo impegno verso il lavoro e la carriera. Se, poi, la relazione illecita è tra un dirigente apicale e una sottoposta, i pericoli consisteranno nelle paranoie ed invidie che tale liaison può attivare nelle menti di quelle donne che non hanno una buona stima di sé. Se è vero che a rimetterci è quasi sempre la donna, è pur vero che esiste un femminile “animico” in grado di attivare una forte risposta di coinvolgimento di un certo tipo di maschile. Negli ambienti aziendali a forte prevalenza maschile, se una donna è astuta, oltre che piacevole, riesce a mettere nel sacco gli uomini come meglio vuole. Gli uomini con un intendimento di vita maschilista sono i più vulnerabili ai richiami seduttivi di disponibilità della donna. Questo potere femminile in una donna di un certo tipo diventa un’arma di conquista straordinaria, capace di far arrivare dove crede colei che lo possiede, in genere a scapito del malcapitato manager “conquistatore”.

Come abbiamo visto per la coppia “legale” che, se serena e convergente sulle strategie aziendali, può col suo esempio essere di grande aiuto per la stabilità emotiva del gruppo di lavoro, allo stesso modo constateremo, invece, che la storia d’amore illecita potrebbe attivare inconsce preoccupazioni in alcuni colleghi del gruppo. Lo stesso imbarazzo procurato dal dover fingere di non sapere, fare fronte al tempo sottratto dalla coppia all’impegno lavorativo, notare una diversità di distribuzione del carico di lavoro o, semplicemente, la distrazione che la love story illecita produce nelle menti degli altri lavoratori, possono comportare un’alterazione del clima positivo di lavoro ed essere, quindi, foriere di consistenti svantaggi per l’azienda. Gli svantaggi saranno ancora più evidenti se la coppia rompe il legame e passa ad una seria conflittualità. In quel caso il Responsabile, con molto tatto, convoca separatamente le parti e ascoltatele attivamente, propone il trasferimento a chi è più orientato ad accettarlo. Quando un amore muore, c’è bisogno di un periodo di lutto per elaborare il distacco, ma l’elaborazione non potrà evolvere al meglio se non si ha un “cadavere” su cui piangere. Se l’amore è finito e i componenti la coppia hanno modo di continuare a vedersi può succedere ciò che Roland Barthes, nel suo avvincente Frammenti di un discorso amoroso, chiama “sacrificio dell’Immaginario”.  Egli paragona tale situazione ad una vera e propria elaborazione di un lutto.  Evento che, quando l’oggetto d’amore non è ancora né morto realmente né lontano, comporta due tipi concomitanti di sofferenza:

a)  quella per la scomoda presenza fisica dell’altro;

b)  quella per la morte psichica dell’oggetto d’amore.

Come si deve comportare il Responsabile nei confronti della coppia “illegale” (svantaggi).

Il Responsabile delle risorse umane deve essere molto cauto nell’intervenire, poiché le coppie “illecite” sono spesso composte da persone in stato di sofferenza psicologica.

Con ogni probabilità gli potrà capitare di imbattersi in individui con disturbi narcisistici della personalità, dei borderline affettivi, per usare un termine tecnico. Essi sono capaci solo di agire una sessualità ed un eros di superficie e, per difesa, non sono in grado di andare oltre alcune sensazioni epidermiche  tralasciando completamente l’affettività più vera e profonda. In genere questi individui, maschi o femmine che siano, sono carichi d’istinto e un po’ meno di sentimenti, come se viverli procurasse loro una grande sofferenza. Un passato di isolamento affettivo primario e di relativa insicurezza si pone alla base di questi caratteri, che continuano a provare un senso di solitudine molto doloroso. La percezione della solitudine è tipica della personalità narcisistica ed è conseguenza del ritiro della libido dagli oggetti d’amore esterni all’Io. La libido è l’energia affettiva che viene massivamente investita sull’Io proprio per esorcizzare il senso di solitudine provato. Passare da un’avventura all’altra conferisce loro l’illusione di essere sempre all’opera per la costruzione di un rapporto, cosa di cui sentono di avere un estremo bisogno, ma paradossalmente, allo stesso tempo, fuggono la possibile relazione perché percepiscono che ciò provoca loro dolore. Una ambivalenza fortemente destrutturante e generatrice di grande pena.

La personalità borderline in campo affettivo presenta una modalità di relazione per la quale, secondo la psicologia del profondo, s’ipotizza un evento traumatico avvenuto in età precoce, prima della completa strutturazione dell’Io. In genere il trauma è relativo ad un prematuro vissuto abbandonico, perciò il desiderio inconscio di “ricreare” la fusione primaria può sostenere la prima fase (l’innamoramento), ma non la seconda (la relazione di coppia) poiché è annullata dalla paura dovuta alla possibilità di riprovare la stessa sofferenza conseguente al trauma dell’abbandono.

Ogni tentativo di stabilire nuove relazioni è vissuto, al tempo stesso, da parte del borderline come una possibilità d’intrappolamento in un rapporto fusionale traumatico. Il trauma è dovuto al fatto che la fusione, nella vita emozionale del borderline, è stata sempre e solo una fantasia e mai una concreta realtà, cioè non è mai stata sperimentata nella sua concretezza. Per esempio: una madre o un padre con problemi psichici, assenti col pensiero e anaffettivi per conseguenza. Una madre o un padre assenti fisicamente perché ospedalizzati a causa di una cattiva salute oppure due genitori molto conflittuali che, a causa di detta conflittualità, hanno bruciato la gran parte delle energie libidiche e non hanno avuto sufficienti residui di energie affettive da investire nel rapporto col figlio/a. L’emergere di questi vissuti primari procura al borderline una gran sofferenza la cui mancata elaborazione lo fa sfociare spesso nell’agito (flirt e relazioni scapestrate). L’agito, senza la presa di coscienza dell’origine delle sofferenze, non risolve il problema, anzi, il più delle volte lo complica fino a rendere impossibile qualsiasi soluzione. La percezione dell’impossibilità risolutiva fa sprofondare il borderline nella perdita della speranza che rende vana ogni progettualità. La perdita del progetto (e il progetto dei progetti è l’amore di relazione) conferisce evanescenza al senso della vita. Il senso perduto dell’esistenza consegna tra le braccia della depressione.

Il Responsabile delle risorse umane, se si trova ad aver a che fare con una relazione di coppia in cui c’è un borderline affettivo, non potrà operare molto. Gli svantaggi per l’azienda, però, non tarderanno a manifestarsi sotto forma di assenze, tensioni, ansie e malumori nel clima di lavoro del gruppo. Avviare dei corsi, però, nei quali si parla di queste cose con professionalità e competenza, potrebbe aiutarlo molto nella prevenzione e nella gestione di tali relazioni.

Conclusioni

L’obbiettivo che mi sono proposto con questi due articoli è stato quello di dare una “inquadrata” al fenomeno umano del coinvolgimento amoroso in ufficio.  Non è stato semplice sia per l’esiguo spazio a disposizione sia perché non esiste niente di esatto e di semplice nel sentimento amoroso. Ho seguito un percorso pragmatico, suggerendo modi di comportamento per il Responsabile delle risorse umane ed allo stesso tempo ho tentato di dare qualche spunto di riflessione in più a tutti, accennando ad alcuni concetti della psicologia del profondo. Ho cercato di essere anche il più scientifico possibile, ma pur essendo l’amoreil problema dei problemi, non credo sia mai riuscita una sua spiegazione “scientifica”, poiché non esiste alcuna scienza in grado di soddisfare esaurientemente ciò che scientifico non è. L’amorenon è un tema scientifico, però contiene molte cose al suo interno che possono essere trattate con una certa esattezza. A seguito dell’analisi di questi contenuti è possibile esprimere un’interpretazione che aiuti a dare una lettura di questo universale e misterioso sentimento. Le interpretazioni, si sa, sono sempre di parte, ma permettono una visione di ciò che si vuole avvicinare e comprendere, visione che non potrebbe essere data altrimenti; non è forse la stessa realtà legata all’interpretazione di ogni singolo individuo?

L’Uomo è l’animale che per antonomasia assume su di sé il significato del sentimento amoroso e, dunque, finisce con l’essere il problema che vuole tentare di analizzare. L’esperienza d’amore è, tra tutte, la più intensa che si possa provare e, perciò, si pone al vertice della scala degli interessi di ognuno, diventando il primo tra i problemi, in ogni ambito dell’esistenza. È proprio da questa sua priorità che esso trae la sua proverbiale forza determinante. Non è un caso che la gran parte delle branche del sapere e della cultura abbia affrontato il quesito amoroso. Alla luce di questa considerazione, l’amore è da intendersi sempre “pericoloso”, perché impone all’Uomo un’urgenza di ritorno al primario, all’unità uroborica materna che non potrà mai essere soddisfatta se non per un breve periodo con l’ “aiuto” di fenomeni psichici quali l’illusione e la proiezione. Tale pericolosità, però, può essere contenuta se ci prepariamo ad affrontare il più antico e nobile dei sentimenti con la temperanza e la dialettica, punti di forza di ogni presa di coscienza. Sarà proprio l’aumentata coscienza a fornirci l’opportunità di integrare gli aspetti più istintuali dell’Amore, vero passo soterico che ci porterà alla migliore gestione dell’esperienza più importante dell’esistenza, anche in azienda.