La bella età

Carl Gustav Jung

«(…) Penso, perciò, che sia meglio, per una persona anziana, continuare a vivere. Guardare avanti con attesa al giorno dopo, come se avesse secoli davanti a sé (…)»
Intervista di John Freeman a Carl Gustav Jung nel programma BBC Face to Face, 1959

Gli anziani come me devono vivere la vita come se non finisse mai. Come me; intendo dire con la mentalità di chi si sorprende a stupirsi per le cose che ancora riesce ad apprendere.

Leonardo da Vinci, morì ad Amboise, tra le braccia del re di Francia Francesco I che, in lacrime, lo chiamava “padre mio”. Anche Leonardo sembra che piangesse, ma non per paura della morte che sentiva imminente (mori a 67 anni, oggi sarebbe considerato un “giovane” anziano) bensì perché si rendeva conto che non avrebbe più potuto esplorare e conoscere le leggi della natura che costituivano, per lui, la base dello scibile umano e dell’arte nonché il suo principale interesse. Leonardo era uomo del rinascimento, quello straordinario periodo storico, e soprattutto culturale, che poneva al centro dell’universo l’Anthropos e non più Dio.

Amboise, Saint Hubert Chapel, dove è situata la presunta tomba di Leonardo da Vinci

Non sostengo che dovremmo essere tutti dei Leonardo o degli Einstein nella nostra terza età. Quelli sono dei geni e non tutti possono seguirne l’esempio; la gran massa di noi è composta da persone ordinarie: il tentativo di voler essere dei geni potrebbe addirittura risultare depressivo. Voglio affermare, però, che ognuno può trovare nella propria “bella età” il godimento di una soddisfazione di vivere che non è riuscito a raggiungere quando aveva vent’anni. Gli antichi Greci dichiaravano che il passato fosse davanti agli occhi e non il futuro, come pensiamo noi, moderni esseri dell’utopia dell’eterna giovinezza. Ecco perché, più passato avremo davanti, più il pericolo di cadere preda dei ricordi e delle malinconie aumenta. Allora, lo stereotipo da combattere è l’anziano ripiegato su se stesso, prigioniero dei propri ricordi e del tutto melanconico. Per contrastare la malinconia del “vecchio”, la visione del mondo da conquistare è quella di un’apertura mentale che ci permetta di osservare la nostra vita a 360 gradi. Va bene il passato, ma non come qualcosa di perduto e irripetibile, quanto piuttosto come un serbatoio di esperienza formativa che contribuisca ad aumentare la nostra saggezza. Quindi, non come qualcosa di inattivo perché andato, ma come una risorsa “bulicante” che può renderci più “ricchi” e, soprattutto, che può rendere più ricchi gli altri componenti della nostra comunità sia come microcosmo sociale nel quale siamo inseriti sia quale società nel senso più ampio del termine.

Purtroppo, avere i capelli bianchi non è sinonimo di garanzia di equilibrio ed esperienza di vita. Visitando spesso alcuni centri anziani, mi sono accorto che la maggioranza di chi li frequenta sono delle persone incomplete e irrealizzate. Parecchi sono rimasti astiosi e litigiosi, tanti sono egoisti più di quando non lo erano in giovane età, molti spaventati dall’idea della morte che si avvicina e, soprattutto, ciò che la fa da padrone tra costoro è l’ignoranza, nel vero senso del termine: ignorare, non sapere. Ho pochi amici tra loro, con i quali ho legato subito. Sono quegli anziani che da giovani erano già aperti alla curiosità del conoscere. Quindi, ho compreso che per arrivare ad essere delle “belle” (il riferimento è a Plotino) persone anziane, bisogna cominciare a lavorarci su fin dalla più giovane età. A differenza di Platone che considerava elementi del “bello” la proporzione, l’armonia, l’ordine e la misura e di Aristotele il quale, anche lui, valutava l’ordine, la proporzione, il limite, principi costitutivi del “bello”, Plotino non reputava che il “bello” risiedesse tout court nella simmetria, ma in ciò che risplendeva nella simmetria e negli altri ordini Platonico-aristotelici del “bello”. Per Plotino, e ciò supporta meglio la tesi di questo mio scritto, un’opera d’arte è “bella” per ciò che risplende nella forma che l’artista gli ha conferito. Quindi, è responsabile del “bello” l’intuizione dell’artista, la sua genialità che crea il collegamento e l’unità tra le molteplici parti d’un oggetto o di un soggetto. L’arte non si riduce più alla mera riproduzione della natura, come sostenevano Platone e Aristotele, sebbene con visioni diverse, l’una spirituale, l’altra materialista, ma è creazione dell’intelligenza. Insegnamento, questo, ripreso nel Rinascimento, che forma tutto il pensiero dell’arte e della scienza “moderne”. (Plotino, Enneadi, 254-259 d.C.)

Plotino

Come sostiene C.G. Jung, la salute mentale si raggiunge quando riusciamo a ricomporre ed integrare le nostre parti psichiche separate in un’unità equilibrata che coniuga le esigenze profonde dell’individuo con le forti pressioni della società. Il grande psichiatra svizzero denomina principium individuatonis quel processo che ha come meta lo sviluppo della personalità e che implica una certa opposizione alle norme sociali, ma non condanna necessariamente all’isolamento o al disadattamento nei confronti dei valori comuni (Jung, C. G., 1921). Tendere all’unità del nostro essere psichico (processo inesauribile che impegna l’intera esistenza) significa dare luogo a quell’espressione unica e irripetibile all’interno della quale si manifesta il significato individuale di ogni esistenza.Realizzare il senso dell’esistenza. Una volta raggiunto il senso, la vita non teme più nulla, nemmeno la morte perché in esso è racchiusa la propria individuale saggezza. Dobbiamo procedere verso la terza età, e anche nella terza età, tenendo ben presente questo principio. Dobbiamo essere dinamici sia in senso mentale che in senso fisico.

Carl Gustav Jung

Primo passo per invecchiare bene è compiere un netto distinguo tra le conseguenze dell’inevitabile invecchiamento biologico e quelle relative alle effettive patologie. Perciò, ogni nostra attenzione deve essere rivolta al mantenimento di uno stato di salute accettabile considerando che la miglior medicina è la prevenzione. Se si è cominciati ad avere quest’atteggiamento in giovane età, con un po’ di fortuna, avremo una condizione fisica, in alcuni casi, addirittura invidiabile dagli stessi juniores. Nutrirsi con intelligenza, fare attività sportiva adatta ai nostri anni con costanza e mantenere le proprie relazioni affettive e amicali attive sono dei requisiti indispensabili che ormai tutti conosciamo. La cosa che pochi prendono in considerazione, però, è la visione della terza età come avventura piuttosto che come routine. Per raggiungere questa weltanschauung dobbiamo porci nell’angolo giusto da dove possiamo scorgere e accettare un’apertura, la consapevolezza che qualcosa di inedito può e deve ancora avvenire. Ecco il senso della frase che Carl Gustav Jung ci dona nella sua appassionante intervista che cito nell’epigramma sotto il titolo di questo mio articolo: «(…) come se avesse secoli davanti a sé (…)».

Ogni giorno va vissuto come se dovessimo iniziare uno straordinario percorso, con la cognizione del nostro residuo vigore, del nostro talento e della possibilità che abbiamo di poter ancora incidere in modo positivo sulla nostra collettività. A proposito di questa vision della vecchiaia, a me piace citare Robert Browning un poeta vittoriano molto apprezzato da Winston Churchill che, in una sua poesia del 1864 edita nel volume Dramatis Personae, scrive testualmente:

«Grow old along with me!

The best is yet to be,

The last of life, for which the first was made (,,,)»

“Invecchia con me!

Il meglio deve ancora venire,

L’ultima parte della vita, di cui la prima è solo il preludio (…)”

Robert Browning

Spero che questi versi abbiano toccato l’anima del lettore e che gli abbiano portato un esempio di ciò che intendo con “apertura al nuovo”. Troppo spesso abbiamo pensato al vittorianesimo come periodo storico irrigidito in un’esuberante pudicizia pubblica e oppresso da “pomp and circumstances” (il riferimento è al bel componimento musicale di sir Edward Elgar). Invece, studiando e curiosando, scopriamo che l’era vittoriana ha prodotto cose straordinarie tra cui, in poesia, l’opera sorprendente ed esploratrice di Robert Browning. Bastano questi pochi versi per abbattere d’un colpo il mito dell’eterna giovinezza nella quale vive immersa la nostra cultura del narcisismo (Lash, C., 1979) che pretende di trasfigurare la maturazione naturale dell’individuo in mera malattia. Tanto per precisare, in Dramatis Personae la poesia porta il titolo Rabbi Ben Ezra, nome del filosofo e matematico medievale ebreo che valutava la gioventù come fase di preparazione all’età adulta e “stagionata”. Va da sé che lo spiritualista Ben Ezra, a suo tempo, considerava il periodo terreno come transizione per la vita trascendente.

Anche il Medio Evo riesce a sorprenderci se ci affidiamo alla nostra curiosità e sete di sapere. Se qualcuno ha ancora l’idea di questo periodo storico come epoca oscurantista e retrograda, si legga il Liber Augustalis o Le costituzioni di Melfi il cui autore sembra essere stato Pier delle Vigne (sì, proprio quello citato da Dante Alighieri nell’Inferno canto XIII vv. 31-39) promulgate per volere dell’imperatore Federico II, lo Stupor Mundi.

Pier delle Vigne

In realtà tutto lascia pensare che furono frutto di un lavoro collettivo al quale parteciparono vari esperti tra i quali l’arcivescovo di Capua Giacomo Amalfitano.  Cito solo alcuni argomenti trattati nelle costituzioni: Falsariis, aleatoribus, tabernariis, omicidiis, vitam sumptuosam ducentibus, prohibitis arma portantibus et de violentiis mulierum.Sorprende, ma non troppo, il De violentiis mulierum, la violenza sulle donne. Li trovo di una modernità sconcertante e non furono scritti da giovani sbarbatelli.

Federico II di Svevia

Nella letteratura moderna, invece, abbiamo lo scioccante romanzo Peeble in the sky(“Paria dei cieli”) (1950), dell’illustre biologo e scrittore Isaac Asimov ambientato nel futuro, nel quale, al compimento dei 60 anni, si era soppressi obbligatoriamente dalle autorità. Una specie di società lacedemone (gli Spartani eliminavano gli individui con evidente stato di menomazione, anche appena nati) in cui l’avvento della terza età era considerato alla stregua di una menomazione o malattia incurabile.

Isaac Asimov

Anche nel romanzo I viaggiatori della sera di Umberto Simonetta (1976) è descritta una ipotetica società del futuro in cui, a causa del sovraffollamento, ai 49 anni si era costretti ad andare in un villaggio per vacanze “finali” dove si giocava una sorta di tombola. I vincitori erano premiati con una crociera dalla quale mai nessuno tornava. Società, queste, che, nel caso si realizzassero, sarebbero destinate a vita breve, poiché nessuna collettività può fare a meno dell’esperienza e della saggezza dell’anziano sano e presente a sé stesso.

Umberto Simonetta

Uno dei cardini fondamentali per non “invecchiare male” si fonda sulla partecipazione agli eventi sociali, alle scoperte scientifiche, alle fasi politiche, alla cultura e alle arti in generale. Carl Gustav Jung, non era soltanto un eccellente psichiatra e uomo coltissimo, ma partecipava con costante presenza agli impegni politici e sociali della sua comunità (Jung, C.G., 1962). Ulteriore principio da seguire è la creatività, riuscire ad esprimerla non necessariamente a livelli geniali, ma oserei dire quotidiani. Anche nell’interpretare una ricetta di cucina si può essere creativi. Salute permettendo, è essenziale restare in contatto con ciò che evolve nel socius, mantenersi curiosi, avere voglia d’imparare ancora e di approfondire i campi culturali, scientifici, artistici che più c’interessano. I casi più “aristocratici” riescono a raggiungere un buon rapporto col proprio inconscio. Sì, perché è l’inconscio dell’uomo che crea ancor prima della sua razionalità. Plotino si focalizza sul concetto di contemplazione: la forza che attua tutta quanta la realtà. Il fare materialistico presuppone sempre principalmente un contemplare, io direi anche un lasciarsi andare, opportunamente guidati, al proprio inconscio.

Ortigia, Siracusa, Statua bronzea di Archimede (Pietro Marchese)

Da Archimede a Jules Verne è l’insight che scaturisce dall’inconscio a trovare e formare le tipologie della nostra opera.

Jules Verne ritratto da Félix Nadar

Lucio Anneo Seneca nel libro VIII dei suoi Dialoghi (il De Otio) così si esprime: «Curiosum nobis natura ingenium dedit» (“La natura ci ha dato un animo desideroso di sapere”) (Seneca, De Otio paragrafo 5.1, capoverso 3).

Lucio Anneo Seneca

Il termine latino curiositas, apparso per la prima volta nelle Epistole ad Attico«Sum in curiositate (…) non scribere; presentem audire malo.» (Libro 2, epistola 12, paragrafo 2) di Marco Tullio Cicerone, sta ad indicare il desiderio tutto umano di conoscenza. Desiderio sicuramente nobile e virtualmente senza fine, ma che se esasperato può portare anche sofferenza e dolore. Quindi, curiosi sì, esasperatamente curiosi rischiando per questo l’incolumità no. In tal modo, si asseconda il viaggio verso la vera sapienza.

Marco Tullio Cicerone

Ciò che si può mettere a repentaglio con un atteggiamento oltremodo curioso di sapere ce lo “suggerisce” Lucio Apuleio col suo Asino d’oro, un romanzo picaresco e avventuroso in cui il vocabolo compare svariate volte insieme all’aggettivo curiosus e all’avverbio curiose. Sappiamo tutti cosa accadde al “curioso” giovane avvocato nordafricano quando, per bramosia di imparare, cerca di capire come facesse a trasformarsi in civetta la maga, moglie del parente che lo ospita in Tessaglia (terra di magia). Nonostante la sua cupido sciendi, per distrazione e malaccortezza, Lucio è tramutato in un asino. La deformatio del suo corpo sta a simboleggiare il suo stato d’ignoranza che lo porta a dover affrontare una serie di avvenimenti dolorosi. Attraverso la sua sofferenza, però, compie un cammino che gli regalerà la fede e la conoscenza divina. L’asino Lucio attuerà la sua reformatio umana, non a caso, in concomitanza col passaggio di una processione dedicata alla dea Iside, mangiando delle rose lasciate in una mangiatoia.

La metamorfosi o L’asino d’orodi Lucio Apuleio

La lezione serve anche a noi: voglia di sapere, ma non solo, perché dobbiamo lasciarci il tempo per altre cose come l’attenzione alla nostra salute, la cura delle relazioni e degli affetti più profondi e anche il tempo per oziare nel senso più positivo e oraziano.

Insomma, togliersi dalla bolla sospesa nella quale si rischia di confinarsi in attesa della morte e tuffarsi nella vita curando la salute, l’amore per gli altri e restando il più possibile attivi d’interessi e di conoscenza, senza sfiancarsi. La bella età ci offre soprattutto il tempo per la riflessione e il pensiero che vanno impiegati al meglio, con calma, per una progettualità tutta da sviluppare. Giuseppe Prezzolini, uno degli intellettuali maggiori che l’Italia abbia mai avuto, scrisse fino a 95 anni e ricevette il 27 gennaio 1982, al suo centesimo compleanno, dalle mani del presidente Pertini il premio La penna d’oro. Per far capire lo spirito di quest’uomo, che ci sia d’esempio, nell’occasione disse a Indro Montanelli: «Se vado in bolletta, la vendo». Muore il 14 luglio di quell’anno.

Giuseppe Prezzolini

Pablo Picasso, il genio spagnolo della pittura e della scultura, muore a 92 anni, si può dire con i pennelli in mano perché dipinge fino a oltre 90 anni.

Pablo Picasso

Il comico Marcello Marchesi, personaggio vulcanico dalla creatività eclettica (era anche scrittore, regista, paroliere, pubblicitario, attore, sceneggiatore, cantante, giornalista), coniò una serie di slogan per la pubblicità all’inizio dell’era televisiva nel nostro Paese. Sue sono le frasi più celebri rimaste famose ed entrate nel linguaggio comune italiano: Con quel sorriso può dire ciò che vuole, non è vero che tutto fa brodo, Il signore sì che se ne intende, il brandy che crea un’atmosfera etc. Scrisse anche le parole per una canzone che ebbe molta eco nel 1963: Che bell’età. Il refrain, dal quale ho preso spunto per il titolo di questo articolo, fa: “Che bell’età, la mezz’età”. Contemporaneamente afferma: «Ah, se avessi vent’anni di meno!». Era il suo stile umoristico, provocatore attraverso la contraddizione. La sua battuta più famosa era: «L’importante è che la morte ci trovi vivi». Quasi sia stata una profezia che si è autodeterminata, Marcello muore annegato, mentre stava piacevolmente nuotando nelle acque del mare di San Giovanni di Sinis, in Sardegna, scaraventato da una onda anomala sugli scogli.

Marcello Marchesi

In conclusione, vorrei suggerire di entrare nell’età di mezzo e oltre con uno spirito giusto d’osservazione, attenti a cogliere gli aspetti positivi e d’interesse che ci offre la realtà, per vivere meglio. Sono tanti, basta soltanto avere l’accortezza di individuarli e farli propri. «Essere o benessere», avrebbe detto Marcello Marchesi.

Marcello Marchesi con Alice ed Ellen Kessler