Urbanicidio
Urbanicidio. Uso questo termine prendendolo in prestito dal bravo architetto barese Eugenio Lombardi che lo adopera nel suo denso e illuminante articolo “L’urbanicidio di Bari: da Guglielmo il Malo alle speculazioni edilizie del ‘900.”, uscito il 5 aprile 2022 sul webzine Bari e!…
La speculazione edilizia non è un tema contemporaneo. Affonda le radici nella storia e, nella nostra “italiana” in particolare, almeno dalla fondazione di Roma, oltre sette secoli prima di Cristo. In tempi più recenti, però, come minimo dalla costituzione del Regno d’Italia, ha assunto un modo realizzativo rapace da saccheggio. In accordo con una miope visione economica neoliberista (massimizzazione del profitto ad ogni costo, come se fosse l’unica ricchezza cui l’Uomo possa aspirare), la rendita fondiaria ha avviato l’intervento urbanistico sui territori seguendo un principio costruttivo tout court. In massima parte, non sono state tenute nella giusta considerazione psicologica, così come avrebbe dovute essere, le psichiche necessità umane di chi sarebbe andato a vivere negli ambienti delle città e dei quartieri edificati. Soprattutto nei decenni degli anni ‘60, ‘70 e anche ‘80 del secolo scorso è stato perpetrato nei confronti delle belle città italiane un assassinio urbano programmato e reiterato con realizzazioni che non temo di definire come “crimini contro l’umanità”.
Ciò che l’Italia ha scontato in quegli anni, ma possiamo dire, con tutta tranquillità, sta scontando anche oggi, oltre la tanto vituperata speculazione edilizia, è la carenza formativa della professione di architetto/ingegnere specializzato in urbanistica. L’urbanistica, quasi fosse la figlia di un dio minore, ha sempre subito la maggiore influenza dell’altra materia sua sorella complementare: l’architettura. Nelle università italiane sarebbe opportuno avviare corsi di laurea in “scienza della città” nelle quali la prima attenzione dovrebbe essere costantemente rivolta alla qualità psicologica del realizzato urbano. Le città sono soggette a distruzioni da parte di eventi naturali (terremoti, uragani, eruzioni vulcaniche) e di guerre assurde e devastanti. Quel che procura i massimi danni, però, è l’opera dello stesso essere umano nelle figure professionali di imprenditore edile, architetto o ingegnere urbanista senza scrupoli e senza sufficiente preparazione. Lo scempio programmato volto alla costruzione di quartieri o quadranti urbani, secondo l’intendimento dello sfruttamento intensivo dell’ettaro quadro, ha provocato più danni di qualsiasi catastrofe naturale o sciagurata guerra.
I piani regolatori del periodo sopra citato sono stati, più di norma che d’eccezione, magari per interessi di potere politico contrastanti, sia disattesi sia stravolti in continuazione. La classe politica italiana è la massima responsabile di questo stato di cose. Le potenti finanziarie immobiliari hanno sempre pagato le campagne per le elezioni dei vari personaggi che si presentavano. Una volta nominati con l’appoggio economico dei suddetti potentati finanziari, costoro venivano collocati, dai partiti politici collusi o costituiti appositamente, nei siti chiave degli assessorati ai lavori pubblici o in altri importanti posti di potere di peso. Incarichi in grado di condizionare le scelte costruttive. Lo scempio urbanistico delle belle città italiane che è stato perpetrato a causa di tali collusioni è sotto gli occhi di tutti. Roma, ad esempio, nel periodo già menzionato, ha subito un saccheggio urbano senza precedenti. Un urbanicidio che, se ha arricchito alcuni cinici malfattori senza cultura né coscienza, di contro ha sottratto a tutti gli abitanti della città eterna la dignità abitativa che sarebbe stata dovuta loro. A farne le spese, in massima parte, ovviamente, è stata la classe sociale meno abbiente.
Quartieri come Tor bella monaca, Corviale, Laurentino 38, la Bufalotta etc. sono un insulto alla scienza del costruire urbano. L’ammasso intensivo in questi luoghi di persone ha prodotto lo scontro tra gli abitanti piuttosto che l’incontro. Lo sfruttamento rapace del metro quadro ha sacrificato sul suo malevolo altare spazi, decori e servizi pubblici importantissimi quali piazzette, giardini, parchi, statue, fontane, uffici amministrativi a misura umana, ospedali e centri di cura facilmente raggiungibili e funzionanti. Sono convinto che gran parte della micro e media criminalità sia dovuta a questi ambienti malsani, mal pensati e ancor peggio realizzati. Luoghi cittadini che denunciano una scarsissima possibilità di inclusione e di partecipazione alla cultura. Ciò che è peggio è che il mostro di questa economia costruttiva innesta se stesso e non riesce a fermarsi. Si continua a costruire e a consumare suolo anche se non ce n’è assolutamente bisogno.
Nella capitale, secondo l’ultimo censimento, si è registrato un calo dei residenti di oltre trecentomila individui (escluso l’indotto temporaneo: turisti, studenti, immigrati, lavoratori giornalieri etc.). Perché la gente fugge da Roma? È presto detto: Roma conta 1.285 kmq amministrativi, Milano 182 kmq, Parigi 120 kmq. Ammesso che nella capitale tutti i 2.770.000 abitanti paghino le tasse, c’è da considerare che l’indotto romano conta quasi 5.000.000 di fruitori che, però, non sono soggetti a tassazione, almeno a tassazione diretta e completa. Individui che consumano di tutto: servizi, spazi di cultura, alloggi temporanei, trasporti etc. Come si può pensare che con l’introito delle tasse pagate da meno di tre milioni di cittadini si possano fornire servizi a cinque milioni di fruitori, diciamo così: franchi? Inoltre, il Decreto Legislativo n. 51 del 2013 disciplina il conferimento a Roma capitale delle funzioni amministrative rientranti nella competenza dello Stato. In particolare, le attribuisce la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, lo sviluppo economico e sociale nonché la protezione civile. Le Amministrazioni capitoline si aiutano anche con i fondi diretti dell’Unione Europea. La legge su Roma capitale che dovrebbe fornire alla città eterna sostanziose sovvenzioni statali per aiutarla ad uscire dalle sue croniche difficoltà, non si riesce a comprendere per quale motivo funzioni a singhiozzo. O meglio, si comprende, ma i soliti “giochi” politici di opposti interessi dissimulano tale comprensione per non renderla evidente alla massa ignara dei cittadini. È recentissima la proposta del deputato PD Roberto Morassut che vagheggia la possibile separazione di Roma dalla Regione Lazio. Riferendosi all’articolo 131 della Costituzione, il deputato dem propone la riduzione delle regioni italiane da 20 a 12. Roma diventerebbe Regione. Il Lazio scomparirebbe a causa degli accorpamenti in:
- Regione alpina
- Regione Lombardia
- Regione Emilia-Romagna
- Regione del Triveneto
- Regione Appenninica
- Regione Adriatica
- Regione di Roma Capitale
- Regione Tirrenica
- Regione del Levante
- Regione del Ponente
- Regione Sicilia
- Regione Sardegna
La proposta, però, ha un iter a dir poco difficoltoso e dovrebbe passare alla Camera e al Senato poiché, senza le rispettive approvazioni, resterebbe sulla carta. La curiosità sarà soddisfatta soltanto col tempo.
Intanto, centinaia di migliaia di appartamenti nella città eterna sono disabitati. Nella capitale d’Italia su 1.717.662 case/appartamenti rilevati, più di 245.000 sono vuoti, liberi, non abitati, pur avendo tutte le approvazioni in regola per esserlo (Dati Sunia). Allora perché continuare a costruire? Di contro, esiste una forte richiesta di abitazioni da parte di nuclei famigliari meno abbienti (circa 25.000 urgenze nel territorio di Roma). Sarebbe molto più intelligente, invece che proseguire con le colate di cemento e consumare suolo, individuare strutture e luoghi dismessi, ristrutturarli rigenerandoli intelligentemente con progetti rispettosi delle esigenze degli abitanti e, perché no?, anche del genius loci espresso dai luoghi stessi. È un cambio di weltanschauung, di visone del mondo e del mondo urbanistico in particolare che non è semplice attuare, ma che sarà ineludibile in un tempo nemmeno troppo lontano.
In conclusione, ciò di cui ha bisogno l’essere umano è la possibilità di ricevere identità. Il principio tanto semplice quanto intuibile è che gli ambienti in cui viviamo possono facilitare l’identità nell’individuo così come ostacolarla perché, volenti o nolenti, entrano nelle nostre esistenze. Allora è essenziale erigere palazzi e costruire quartieri non in copia conforme, realizzarli con una spiccata unicità e a facile fruibilità da parte di tutta la cittadinanza. Luoghi che abbiano anche un marcato estetismo. L’estetica in urbanistica, come in qualsiasi altro ambito umano, ha la sua importanza. Non dovrebbe esistere alcun ambiente di progettazione o costruzione senza una buona estetica. È proprio laddove essa è carente o manca del tutto che si manifesta il “brutto”, inteso anche e soprattutto come sofferenza d’ogni genere, illegalità e delinquenza. L’illuminata urbanistica cura, l’eccellente urbanistica guarisce.