L’agguato del furbo
L’italiano medio oltre ad essere refrattario, per codice genetico, ad ogni regola o legge, ospita pervicacemente nella sua psiche la “cultura del furbo”. Non è, si badi bene, una prerogativa soltanto italiana (io direi “italiota”) perché la troviamo espressa in modo più o meno creativo, più o meno maligno, in tutto il mondo. In Italia, però, tale cultura ha raggiunto da decine di anni un livello “istituzionale” che si è rivelato devastante per l’intera collettività. Sarà che la nostra unione di Popolo risale nemmeno a 158 anni fa, e si sa che per fare un popolo ci vogliono secoli di storia d’unione.
La Francia almeno da Clodoveo I nel 481 d.c. o il Regno Unito con la Magna Carta del 1215 e l’Act of Settlement del 1701 possono vantare secoli in questo senso.
Sarà quel che si vuole, sta di fatto che l’italiano medio non ha ancora sviluppato fortemente l’idea di rispetto del prossimo quale diretto interessato alle trasgressioni o malefatte su esso perpetrate. Anzi, la cultura del furbo esalta l’azionaccia a danno del più debole, mentale e fisico, o del più disinformato e distratto, riservando al lestofante una sorta di apprezzamento perverso nonostante la certezza dell’illegalità compiuta. Ultimamente questa incultura ha avuto un esponente istituzionale che ricopriva addirittura la carica di primo ministro. Il danno maggiore procurato da costui all’Italia e agli Italiani non sono state tanto le varie illegalità coperte da leggi ad personam e ad aziendam fatte passare con la sua influenza politica a tutto vantaggio personale, oltraggiando ogni regola e norma, quanto il messaggio molto più devastante del: “Fai come ti pare, l’importante è che riesci, non conta in che modo.”.
Nella città di Vancouver, Canada, nella sala della City Hall, c’è una bacheca dove è esposta regolarmente una lista di cose da fare sotto la frase “cosa posso fare per aiutare il mio prossimo”. Si va dalla neve da spalare davanti alla casa di un anziano, all’aiuto da portare per chi si trova generalmente in difficoltà, a ciò che posso fare per l’intera città con la mia competenza e con il mio tempo libero. Quindi, in Vancouver, Canada, il canadese medio si alza e pensa a come poter aiutare il suo prossimo e la comunità tutta. In Italia, l’italiano medio si alza e pensa… lascio concludere la frase al lettore più sveglio e sensibile.
Nei parchi africani dove si studia l’etologia animale sappiamo che il predatore si piazza lì, in agguato, dove sa che passerà il probabile malcapitato. Le scene degli gnu al guado ghermiti dai coccodrilli o dai felini o dai canidi organizzati, sono ben impresse negli occhi di ognuno che abbia guardato un qualsiasi documentario naturalistico in tv.
Ora, cogliendo la metafora, possiamo dire che nel mondo, ma in Italia specialmente, i predatori si piazzano proprio lì dove sanno che passerà l’ignaro o lo sprovveduto da beffare. Ad esempio, nelle città d’arte italiane che possono ostentare un bel patrimonio artistico carico di fascino e significato, ormai l’unico business che rende è legato all’accoglienza e alla ristorazione. Le strade dei centri storici di queste città, ma anche le meno centrali purché con flusso di turisti e avventori, pullulano letteralmente di alberghi, bed & breakfast e soprattutto di ristoranti. Sembra che non ci sia altro modo di fare economia, anche artigiana ad esempio, in tali città. Ogni via, ogni piazza e piazzetta è invasa dai tavolini ben disposti fuori dalle locande.
Io sconsiglio vivamente di farsi accalappiare dai “butta dentro” di queste realtà ristorative perché, nella maggioranza dei casi, sono delle vere e proprie truffe ricettivo/culinarie. Il rapporto qualità prezzo di questi ristoranti è a dir poco vergognoso. È di qualche anno fa a Roma la notizia (per fortuna fece il giro del mondo mediatico) di un malcapitato turista giapponese che, da una gelateria del centro storico, si vide presentare il conto di 19 euro per un cono gelato. I gestori sono consapevoli delle loro richieste esagerate, ma se ne buggerano serenamente perché il flusso di avventori e turisti è così imponente che possono permettersi questo tipo di trattamento scorretto. Seppure il cliente resterà insoddisfatto e si rischia di perderlo, non importa nulla perché quell’impresa di ristorazione, che vanta una location nell’affascinante centro storico, non andrà mai in crisi. Il tornaconto è garantito dalla bellezza dei luoghi e dal numero esagerato degli avventori. Lo stesso vale , forse un po’ meno, per gli alberghi e per i b&b. Quindi, il turista avventore riceverà un trattamento assolutamente non in linea col costo, che sarà sproporzionatamente a favore del ristoratore/albergatore.
La legge della concorrenza, anche in questo caso, è mendace, perché il principio dell’offerta e della domanda è del tutto falsato.
Questa linea di pensiero è molto legata alla coscienza di popolo e al rispetto che si ha verso il proprio “simile”. Sostengo che in Italia questa coscienza è ancora tutta da formarsi e piuttosto debole (profetica fu la frase di Massimo d’Azeglio: “Fatta l’Italia, bisogna fare gli Italiani.”).
Il fenomeno è dovuto sì alla relativamente breve storia d’unione, ma anche a forze politiche che si definiscono neoliberali. Tali milizie politiche altro non sono che entità, purtroppo a periodi, perfino partecipi del governo nazionale. Esse sono dannose all’equilibrio sociale poiché istituzionalizzano la fregatura come componente essenziale dell’economia. Detta economia è il più delle volte composta alla sua base da un principio consumistico a dir poco sfrenato. Il medesimo principio, ahinoi, si pone quale sostanziale “costituente” della loro stessa politica.
Per rispondere alla frase “sono gli uomini come lei che mandano all’aria l’Italia”, proferita da una graziosa “butta dentro” di un ristorante nel centro di Roma (al cui invito ad entrare nel locale ribattei no grazie, non m’interessa perché temo le fregature), non sono gli uomini come me che mandano a gambe all’aria l’Italia. Sono, piuttosto, le persone senza scrupoli e malandrine che si credono un dito più su degli altri a mandare alla malora il nostro Bel Paese. Io l’Italia la amo e faccio di tutto in ogni occasione, in Patria e soprattutto all’estero, perché non sia considerata la “barzelletta” del mondo (il riferimento al “famigerato barzellettiere”, principale esponente del governo di alcuni anni fa, non è affatto casuale).
Per concludere, gli uomini o le donne come me, che per principio basilare rispettano il prossimo perché rispettano se stessi (il prossimo siamo noi), sono proprio quelli che mantengono ancora a galla il “bel paese là dove ‘l sì suona” (Inferno, XXXIII, vv. 79-80) .
Col loro impegno quotidiano, costoro non permettono che l’Italia affondi ignominiosamente a causa della spregevole “cultura del furbo”, marchio infamante e del tutto da disprezzare in ogni sede e ambito: economico, politico, morale e sociale.