Compagno cibo, amore del cuore

Il “gusto pieno della vita” comprende una graduatoria con  varie modalità di piacere. Il cibo è ai primissimi posti. Perché? Il sesso, le soddisfazioni nel lavoro, nelle relazioni umane, la capacità d’essere creativi e fattivi (secondo il celebre architetto Le Corbusier  esigenza, questa, primaria rispetto a tutte le altre) non sono così tendenzialmente determinanti quanto il cibo, soprattutto in certe culture.

Anzitutto, dobbiamo capire che senza il sesso, le soddisfazioni nel lavoro, nelle relazioni umane, la capacità d’essere creativi e fattivi si può resistere a lungo; senza il cibo no. Per cibo intendo anche le bevande. Nelle antiche culture e nelle odierne, tradizionali liturgie religiose, ciò che si offre alla divinità e ciò che la divinità offre per mezzo  sia del rito sia  del sacro delegato è proprio il cibo e la bevanda. Tutto ciò non avviene per caso. Le liturgie, i riti, le usanze più radicate nascono e si mantengono in quanto riproposizioni simbolico/archetipiche di esperienze primarie. L’immanenza  claustrale dell’eden è in correlazione con l’utero materno, l’offrire il corpo del dio (atto simbolicamente antropofago) è connesso con il nutrimento al seno. In molte antiche culture, ad esempio quella ebraica e quelle precolombiane dell’America latina,  il sacrificio umano era praticato con frequenza. L’estrazione del cuore dal corpo della vittima sacrificale ed il raccoglimento del suo sangue erano di fondamentale importanza. Questo sangue era ritenuto il miglior  fertilizzante possibile ed era sparso in terra come atto augurale per il buon raccolto. Ancor’oggi a tale scopo, per lo più in alcuni giardini, si usa il sangue di bue liofilizzato. Il cuore, quale sede delle virtù migliori, (il coraggio se il sacrificato era un valoroso guerriero, la purezza se la vittima era vergine e intonsa), era mangiato poiché si riteneva che, introiettando l’organo dimora di queste virtù, si acquisivano per una sorta di trasposizione “magico/animistica” le sue stesse eccellenti qualità.

Oggi, sappiamo che non è così.  Se un legame esiste tra cuore e cibo, non può essere meramente inteso nel senso del cuore come pietanza. Il cuore, però, mantiene un nesso straordinariamente importante con le vivande. Noi non siamo altro che ciò che mangiamo, recita un vecchio detto. Mangiare troppo abbondantemente e malamente, rispetto al nostro dispendio energetico normale, è provato che si pone alla base di molti incidenti cardiovascolari. Il cibo, specie quello che contiene un’alta percentuale di grassi e di zuccheri, elementi molto energetici e “riempitivi”, è spesso usato quale ansiolitico. L’ansia proviene dalla percezione della nostra incapacità ad affrontare le situazioni della vita. Assumere cibo altamente energetico, dunque, va inteso quale rito preparatorio che rimanda all’idea di disporsi per affrontare l’evento impegnativo. Uno dei compiti più difficoltosi per l’essere umano è sostenere le frustrazioni più “pesanti”, tra cui la propria solitudine e la mancanza d’amore. Di fronte a situazioni di tal genere  siamo quasi sempre soli. Il cibo, allora, si pone quale “compagno” fedele e facilmente raggiungibile, in grado di riempire celermente un “vuoto” che non è solo fisico, ma anche e soprattutto psicoesistenziale.

Quante volte ci siamo ritrovati davanti al frigorifero, spesso e non a caso di notte (momento della giornata  in cui le ansie e i pensieri possono assalirci con più aggressività), a rimirarne l’interno e i contenuti senza sapere in realtà  cosa vogliamo? Se ci scateniamo nella preparazione di “paninazzi imbottiti d’ogni sorta”, dobbiamo sapere che ciò che ingurgitiamo di notte “vale il doppio”.  Di notte il nostro metabolismo rallenta e andiamo ad assimilare molte più calorie rispetto a ciò che introduciamo. Il sonno è un’ attività energeticamente meno dispendiosa.  Il buon mangiatore, la “buona forchetta”, il ghiottone notturno sono quasi sempre in sovrappeso e i centimetri dei loro girovita ne sono la conferma. La connessione tra i centimetri del girovita e i danni cardiovascolari (ma anche cerebrali) è, ormai, un dato scientificamente provato.

La zona erogena che s’impegna nel mangiare è la bocca (nella topica freudiana la prima per tempo di sviluppo psicologico, le altre due sono quella anale e quella genitale). Il suggerimento che  mi viene da offrire a tutti i coniugi e/o partner quando scoprono il loro “compagno” di notte con la testa dentro il frigo è quello di offrire loro un bel bacio. Il bacio (termine di gallica origine, i romani dicevano osculum) in realtà, è la rievocazione simbolico/cannibalica  di un gesto di nutrimento: attraverso il rito del bacio io mi “rimpinzo” di te. Un reciproco, conveniente “sacrificio umano”,  dunque.  Un atto d’amore “oblativo” che può portare entrambi a riflettere su quanto sia importante riempire il vuoto e la solitudine della propria vita,  sebbene vissuta in coppia, invece che con il cibo, con un comportamento d’amore altamente simbolico ed importante. Sarà proprio questo comportamento che faciliterà, a cascata, ulteriori e continue attenzioni amorose non solo fisiche, ad esempio: l’ascolto. Saper ascoltare le parole del dolore e del  disagio esistenziale di chi si ama è il miglior modo per prendersene cura e facilitarne la “guarigione”, sostituendo il “compagno cibo” con  l’ “amore del cuore” .

A chi è senza riferimenti amorevoli affidabili/significativi  e prova il morso crudo del proprio vuoto e della propria solitudine, trovandosi spesso a fissare il frigorifero o il porta vivande aperti, pronto a scatenare la sua nervosi polifagica, consiglio vivamente di procurarsi subito un amore adeguato. È scientificamente provato, infatti, che non solo senza “moroso” adatto si muore prima, ma si ingrassa  e ci s’ammala con maggiore facilità.

*Terrestre, mammifero, bipede, pensante.