Catturati nella rete
Esiste un’impostazione del pensiero adulto tutta rivolta al pessimismo quando si tratta l’argomento attualissimo dei bambini ormai divenuti dei piccoli geni della “grande rete”, parlo di Internet, ovviamente. Ciò che sembra dato per scontato da molte persone ormai mature è che il Web sia un apparato diffusore di nuova analfabetizzazione, oltre che – in certi casi – un sostituto della relazione parentale: “ladro di tempo e servo infedele”.
L’accettazione acritica dell’allarmismo porta, però, a scotomizzare il grande impulso che lo strumento cybernetico può e sa dare all’immaginazione ed all’intelligenza. La storia ci insegna che, al cospetto dei grandi cambiamenti culturali, le resistenze e le inquietudini sono un’umana risposta. Senza andare troppo in là col tempo, io vedo che già la mia generazione al confronto con questa dei piccoli “cybergeni” impallidisce in quanto a capacità allargata di visione della realtà e a velocità di comprensione delle cose. Onestamente, c’è da dire, anche, che, come ogni cosa, Internet presenta i suoi “pericoli”. Tutti conosciamo, ormai, quella sindrome da assuefazione al Web che tanto danno può procurare all’Io. Il rischio è quello di essere “catturati nella rete” e di non riuscire più a “venirne fuori”, con gravi sofferenze inflitte alla psiche ed al suo ottimale equilibrio.
Tra le convinzioni dei conservatori, contrari ad ogni forma nuova di conoscenza telematica, e gli innovatori oltranzisti, fanatici del Web, c’è da dire che le idee appaiono alquanto poco chiare. Esse si fondano su impressioni personali più che su studi e ricerche che presentino una qualche scientificità. Lo sviluppo cognitivo ed il mondo emozionale del bambino rispetto all’uso montante delle nuove tecnologie avrebbe bisogno di uno studio sistematico più che di impressioni dettate dalla filosofia di vita di chi osserva e commenta. In Italia i computers nelle scuole sono ormai una realtà. Introdotti con grandi difficoltà, usati di rado e malamente, comunque ogni Istituto, oggi, ne annovera una certa quantità dichiaratamente finalizzata a fini pedagogici. L’infanzia e l’adolescenza, però, sembrano essere maggiormente sensibili all’uso più esplicitamente da intrattenimento che questa “macchina infernale” offre come opportunità di scelta. La domanda che sorge spontanea è: “Perché il mondo dei giochi virtuali messo a disposizione dal computer “cattura” in questo modo così vigoroso la mente dei bambini e non solo dei bambini?
La risposta va cercata nel pensiero sincretico caratteristico dell’età infantile o dell’adulto che mantiene un buon contatto col suo “Io bambino”. La tipica capacità di fantasticare del bambino, che accetta “normalmente” la sovrapposizione delle immagini e degli eventi, possiede una natura principalmente inconscia. È questa che si pone alla base del piacere che egli prova nel manipolare gli “oggetti virtuali” e nel produrre, con essi, cambiamenti della sua percezione visiva. I giochi virtuali, con le loro simbologie e le loro metafore più o meno marcatamente espresse, riconducono al mondo dei sogni che, com’è risaputo, è molto accentuato nelle età giovanili. La grande abilità che il bambino “elettronico” sviluppa nel campo telematico è collegata al profondo fascino che il piacere di toccare e di trasformare, di agire sul reale, procura; anche se questo reale è “virtuale”.
La preoccupazione di noi adulti nei confronti dei nostri “cuccioli” circa quest’argomento s’innesta sicuramente sul timore di non poter controllare il variegato apporto anche di cose negative come, ad esempio la violenza, ma soprattutto sulla paura nei confronti del nuovo e del conseguente disagio che la difficoltà di controllo del nuovo, in genere, comporta. Vorrei ricordare come, qualche tempo fa, molti pedagogisti lanciavano grida di allarme circa l’opportunità dell’apprendimento precoce della scrittura in bambini di tre, quattro anni. Oggi, molti specialisti affermano che leggere a tre anni si può e, addirittura, si deve.
La vera questione circa Internet si pone sul modo e sul tempo: come e per quanto tempo i nostri bambini possono navigare nella rete senza correre soverchi rischi?
Se dovessimo abbandonare i nostri figli davanti al video senza nessuna possibilità d’interazione con gli altri, allora il Web diventerebbe qualcosa di rischioso perché diffonde qualsiasi cosa ed è in grado di aumentare la disposizione alla passività. Inoltre, ne risentirebbe la relazione affettiva ed emotiva “reale” che è importante per tutti e, in special modo, per i bambini. Allora, Internet, pur costituendo una formidabile occasione di scambio, è un “luogo” anche pericoloso dove si riscontrano argomenti del tutto eterogenei e non potrà mai sostituire la relazione umana. Essa fonda non soltanto lo sviluppo emotivo, ma anche quello cognitivo del bambino. Le emozioni costituiscono un’attività interpretativa della realtà e sono elementi inalienabili della corretta evoluzione psichica. A livello cerebrale ciò che viene maggiormente coinvolto è il cosiddetto circuito limbico o dell’emozione, appunto, una delle parti più “antiche” del cervello. Fin dai primi giorni dell’esistenza è la vita emotiva che filtra la “lettura” conoscitiva della realtà. L’intelligenza del bambino, dunque, è fondamentalmente correlata alla sua competenza di vivere ed esprimere in modo equilibrato le emozioni.
Pertanto, è cosa buona e giusta se accanto al bambino, di fronte al computer, è seduto un adulto saggio e “significativo” per lui, così come va più che bene se un gruppo di bambini, insieme con adulti competenti ed autorevoli, giocano, si divertono ed apprendono per mezzo del computer. Non è cosa buona e giusta, invece, se il bimbo è abbandonato davanti al video, per ore, nella sua stanza da solo. Di solito quest’ultima situazione va considerata come un campanello d’allarme che denuncia un disagio famigliare. Potrebbe esistere una difficoltà di comunicazione del bambino con i genitori o dei genitori con il bambino e l’immergersi nella “rete” potrebbe rappresentare per il bimbo una via di fuga nei confronti di una situazione frustrante o, addirittura, difficilmente sostenibile. Le nuove tecnologie, anche le più “istruttive”, di per se stesse, proprio perché “non viventi”, non potranno mai sostituire il rapporto “vivo” tra le persone significative per il bambino ed il bambino stesso.
La cultura della salute, che fa dell’ottima divulgazione rispetto a molti temi, ne fa pochissima, invece, rispetto all’uso corretto del computer. Un’esposizione prolungata, oltre i problemi psicologici che può comportare, può procurare problemi schiettamente fisici: danni alla retina, affaticamento visivo, infiammazioni tendinee al polso. Sono affari seri per tutti, a maggior ragione se si tratta dei nostri piccoli.
Per concludere, i nostri bambini avranno mille possibilità in più di crescere meglio solo se saranno educati ad un uso corretto, attivo e non passivo del computer. La passività, in qualsiasi situazione si esprima, serve solo a nutrire l’ignoranza.
I processi educativi potranno compiere un balzo di qualità solo se riusciremo ad integrare il mondo della “nuova oralità”, rappresentata simbolicamente dall’immanenza del video, con la tradizione del ricordo e della creatività attiva. Se ciò non avverrà, si rischierà di assistere allo svuotamento della dimensione storica: un danno incalcolabile per la Cultura e lo sviluppo di chiunque e di qualsiasi cosa.