“Evviva, l’uomo sta ritrovando la sua vera dimensione ludica”

Ivan Battista: “Chi preferisce il Monopoli ai videogiochi fa una scelta consapevole e decisiva”

Ivan Battista

Ci troviamo di fronte al trionfo del Monopoli sui Sims, al dominio di Cluedo su Grand Theft Auto? O ancora alla superiorità del gioco dell’oca rispetto a Minecraft?
La partitella di calcetto fra amici ha ormai soppiantato la saga di FIFA? Forse non siamo a questo punto, ma lo specialista di comportamenti umani Ivan Battista è convinto che stiamo assistendo ad un deciso cambio di rotta.
Ivan Battista, un anno dopo circa gli ultimi dati sulla vendita di giochi, eccoci di nuovo a parlare delle nuove cifre. Come le commenta?
Innanzitutto quello che poteva sembrare un fuoco di paglia si è rivelata essere una conferma. I dati di Galaxus ci dicono le stesse cose da cinque anni, durante i quali i giochi tradizionali stanno riprendendo decisamente quota. Un lustro è un lasso di tempo che permette già di abbozzare delle conclusioni.


E di quale tipo?
Beh, grazie al cielo stiamo tornando ad un periodo nel quale l’uomo si confronta finalmente con passatempi più tangibili, con pedine, dadi, percorsi reali. Insomma è la rivincita del Monopoli, del gioco dell’oca, del “Chi va piano va sano e va lontano”. A discapito di giochi che non vanno demonizzati, ma che rischiano di intaccare la vera dimensione dell’essere umano.


Che sarebbe?
Quella che ha permesso all’uomo, inteso come essere pensante, di essere diventato quello che è oggi, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. La nostra capacità di adattamento all’ambiente e quella di affrontare i pericoli esterni ci deriva dal fatto che siamo stati capaci di socializzare e quindi di costruirci in un certo senso gli “anticorpi” verso tutte le minacce. Il fatto di avere unito le nostre nozioni ci ha favorito nei confronti delle altre specie viventi. È un patrimonio che rischiamo
però di erodere, pian pianino.


Per colpa di quali fattori?
L’accelerazione della tecnologia è stata impressionante negli ultimi decenni.
Nessun periodo nella storia dell’umanità ha conosciuto uno sviluppo tecnologico e delle conoscenze così forti in un periodo di così corta durata.
Ma inconsciamente ne abbiamo colto i lati più pericolosi, quelli che ci hanno ridotto di molto le interazioni con gli altri esseri umani.


Mi scusi, ma questo cosa c’entra con i giocattoli?
C’entra eccome. Tutto quanto impariamo da molto piccoli lo dobbiamo
grazie al gioco. La dimensione ludica ci insegna a competere in maniera sana, a confrontarci con l’altro di persona, a crescere grazie a vittorie, sconfitte, discussioni e perché no, anche con delle liti. E i giochi da tavolo non sono null’altro che una ricostruzione della vita reale, dove chi ha più capacità vince.


Abbasso i videogiochi allora…
Eh no, ecco l’errore da non compiere. Rifiutare il progresso ci farebbe tornare indietro inutilmente. Bisogna però utilizzare i mezzi a nostra disposizione con raziocinio ed equilibrio. Magari intercalare nelle ore di libertà gli strumenti più moderni a quelli più classici. Un po’ di videogiochi con un po’ di calcio o balletto, un po’ di internet con una bella corsetta nei boschi…


Io sono meno nostalgico e le dico che al centro della tendenza registrata nelle vendite c’è soprattutto una ragione economica.
Ma certo e lo dicono anche gli esperti di Galaxus.ch (cfr, spalla). Il 40% dei giochi che hanno in catalogo costa meno di quaranta franchi, mentre il più scarso dei videogames ne costa 50-60. Ciò significa che chi ha meno soldi si butta su passatempi più a portata di… borsellino. Il discorso reggerebbe se parlassimo solo di genitori che hanno a cuore i destini dei loro figli, ma la tendenza riguarda in particolare i giovani adulti…


E quindi?
Parliamo di persone che non sempre hanno figli e che altrettanto spesso
hanno buone disponibilità finanziare. Insomma di gente che se volesse potrebbe comprarsi tranquillamente anche i giochi da consolle. Credo che, fortunatamente, stiamo assistendo ad un cambio di rotta da salutare positivamente.
E presto toccherà ai nativi digitali, ossia a coloro che sono nati
dopo l’arrivo, ad esempio, dei telefonini.


E cosa ci dice di queste persone?
Le dico che i loro destini li abbiamo ancora in mano noi genitori, padri e madri di adolescenti bombardati ogni giorno da un oceano di informazioni.
Dobbiamo insegnare loro il valore dell’incontro, del duello, della sfida leale. Quello che come ho detto ha contribuito a formare l’essere umano moderno, che gli ha permesso di avere un vantaggio decisivo nei confronti degli altri animali sulla Terra.


Ma non è un po’ tardi?
No, non lo è. È proprio a quell’età che un ragazzo forma il suo carattere e che determina l’adulto che sarà. Portiamolo fuori, a fare una passeggiata nei boschi, a fare una corsetta. Accompagniamolo alle sue partite di
calcio, iscriviamolo a qualsiasi attività all’esterno. Insomma spieghiamogli su cosa si basa la struttura di una persona pronta ad affrontare la società.


È sicuramente un bell’intendimento: ma non per tutti è così facile.
Chi non ha queste basi è condannato ad una vita piatta. Basta dare un’occhiata
ai dati statistici: ci sono ancora troppi 20-25enni senza una formazione, di fatto esclusi dalla società. Sono persone che sono vittime di un’educazione deficitaria, affidata in tantissimi casi per procura alla Nintendo o alla Play Station. Giovani adulti reclusi in una cameretta davanti ad uno schermo che permette loro di uccidere virtualmente persone per strada con dei fucili a pompa…


Giovani che avranno bisogno di aiuto.
Per questo esistono le cellule di emergenza per i genitori in difficoltà, che sono, ahimé, sollecitatissime. In genere si tratta di genitori che devono badare da soli all’educazione della loro prole e che non vi riescono. Ma qui stiamo forse uscendo un po’ dal seminato.

Meno di quanto si pensi, mi creda: sono “ragazzi” che sono lontani mille miglia dal pallone o dal bilzobalzo.
Esatto. Se avessero potuto avere chi li accompagnava a giocare quando erano molto piccoli, ora sarebbero magari degli esseri umani realizzati.
Molto probabilmente non sono mai usciti con i loro amici a fare le gare in
bicicletta o con l’amica del cuore a giocare all’elastico o al “mondo”.
Una dimensione ludica totalmente assente che li ha rovinati.


Dimensione che i nostri ragazzi potrebbero ritrovare con la decisione di impedire loro di usare i telefonini nelle pause.
Applaudo decisamente a quanto deciso in Parlamento qualche settimane or sono. Sembra una scelta dettata da un impeto proibizionista, ma io sono convinto che chi l’ha proposta ha pensato di fare il bene delle nostre future generazioni. Non vorrei scomodare paragoni arditi, ma la Svizzera è la culla di pedagogisti di prim’ordine
quali Pestalozzi o Rousseau, per citare solo i primi che vengono in
mente. Anche loro erano dei rivoluzionari un po’ scomodi. Beh, chi lo giudicava aveva torto.
Altri interessanti spunti sul blog:
ivanbattista.it
O.R.


Intervista pubblicata sul giornale “il Mattino della domenica, 1. marzo 2020 pag. 15