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P.O.S.E.S.
Infine, allora, il nostro pothos è in relazione
con la nostra natura angelica, e i nostri desideri
e i nostri girovagare per mare sono gli effetti nella
nostra vita personale delle immagini transpersonali
che ci spingono, ci trasportano e ci costringono a imitare i destini mitici.
James Hillman, Saggi sul Puer
Eccoti di nuovo Daimon! E chi ti resiste. Nessuno può veramente, scriveva Platone. Eccomi qui di nuovo. Carl Gustav Jung, il grande psichiatra svizzero, sosteneva che nulla avviene per caso. È vero. Se la tua vita è giunta fin qui oggi, credimi, non è un caso. Pensaci. Ho lavorato tanto, ho fatto di tutto, soprattutto quando ero più giovane, in preda all’ansia di non farcela, di non essere all’altezza. Mi sono fatto sfruttare, ho lavorato in nero e ho continuato a studiare perché, ad un certo punto della vita, mi era stato chiaro il principio che se c’era un modo per “battere il sistema”, ebbene, era quello di studiare. È stato un vagare disordinato all’apparenza: di qua, di là, a destra, a sinistra, di sopra, di sotto… la mia lunga e tortuosa strada che mi ha portato fino a te: BAMBINO MIO.
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Oggi, alla fine della mia carriera di lavoratore pubblico sono una P.O.S.E.S., un responsabile di alcune scuole dell’infanzia municipali romane. La vita è un mistero. Giorni fa, in una di queste strutture, entro in un’aula e sono subissato dalle voci di decine di fantolini. Un vociare alto che mi scuote fino a farmi credere che non posso sopportarlo. Mi chiedo come facciano le Insegnanti a resistere. Poi, un bambino mi viene incontro e mi guarda dal suo basso, con la testa tutta piegata all’indietro. Io sono alto e ancora forte, seppure già “vecchio”. Sono stato un bambino forte, un giovane forte e ora mi rimbatto in quegli occhi. Lo vedo dal mio alto. È lui, il Puer che mi chiede: “Chi sei tu?”. Capite? È il Puer Aeternus che mi spara la domanda più difficile in assoluto a cui ribattere, quella che spesso non trova la risposta: “Chi sei tu?”.
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Io rimango immobile a fissarlo con dolcezza, mentre lui continua ad osservarmi con il suo visetto interrogativo e i suoi occhi spalancati e feroci. “Sei il direttore?”. Continua imperterrito con gli occhi troppo grandi e inchiodanti. “Sì, sono il direttore e sono qui per difenderti, BAMBINO MIO”, penso dentro di me. Allungo la mia mano e gliela pongo sul capo, agitandola in una carezza che gli arruffa un po’ i capelli. Mi accorgo dalle rughe sul dorso che è la mano di una persona anziana, ma che crede ancora di essere fanciullo.
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Il mio Puer continua a guardarmi e io lo fisso con dolcezza, reggendo a malapena quel suo sguardo insostenibile. Ecco perché mi sento catturato e così sospinto in questo mio ultimo anno di lavoro. Ducunt volentem fata, nolentem trahunt: il destino guida chi accondiscende e trascina chi si oppone. Poi, come è arrivato così se ne va, rituffandosi nei suoi giochi-compiti, tra le urla degli altri bambini. Io resto lì a guardarlo ancora per un po’ accanto alle maestre “Piccolo dono” “Combattente per la felicità” e “Splendente di gloria”, le formidabili garanti del suo migliore sviluppo. È il Piccolo principe, il Puer Aeternus, l’anima mundi …sono io! Tutti noi crescendo abbandoniamo per sempre il corpo del bambino, ma è lui a non abbandonarci mai nella nostra mente. Un canto argentino pascoliano che risuonerà ininterrottamente, forse in alcuni casi più stridente, in altri sfortunatamente e dolorosamente più stonato, ma che ci accompagnerà fino alla fine. Un incontro spietato, spaccacuore, a ricordarci che siamo anziani- bambini e che lo saremo per sempre, ormai, fino all’ultimo.
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L’odore della mensa con la “pappa al pomodoro”, le matite colorate temperate, gli acquarelli disordinati, i fogli di carta sparsi ovunque. Piccoli fiati di vita che si infiltrano nelle pieghe più intime delle nostre esistenze. Io e le Insegnanti ci lanciamo un’occhiata appena malinconica. Mi ritiro nel mio ufficio subissato dagli impegni e dalle cose da fare, ma con la mente piantata nei ricordi che tornano indietro a mia madre, a mia nonna che era una…maestra. Ai loro aneliti di esistenza ora caldi, troppo caldi, bollenti. Ora freddi, troppo freddi, ghiacciati.
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Nulla avviene per caso! Nemmeno gli occhi di una madre che piange e che punta la vista dritta verso l’infinito, mentre l’Io bambino la osserva attonito, distinguendola ormai a fatica tra le nebbie dei ricordi. Non posso vedere una donna che piange perché quel pianto mi annienta istantaneamente. Eppure, qualcuna ha pianto a causa mia e io ho pianto a causa sua. “Chi sei”? Sono un vecchio ormai, BAMBINO MIO, e non so com’è stato possibile. Il tempo di girarmi, credimi. Dammi la mano, ti prego, e portami con te. In questo ultimo mio viaggio ti offrirò tutto quello che di più utile potrò con la mia esperienza veterana, per farti crescere sano, forte, onesto e intelligente. Stringi le mie dita con le tue tenere a presa stretta, mio piccolo, interminabile, fresco respiro. Io sono ancora te e tu… tu sarai di nuovo me…tra qualche decennio.
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Professione: Operatrice D'infanzia
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Rincontro
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